Destino inchiodato su binari inscardinabili quello di Gianfranco Fini. Lanciato a tutta velocità per raggiungere, con tutti i confort di viaggio adeguati al suo rango istituzionale, la sua ultima meta: quella della perfetta mediocrità. Mediocrità di consistenza politica, mediocrità di linguaggio, mediocrità di frequentazioni cafonal-mondane, mediocrità di presenza pubblica, mediocrità di immagine da uomo in lebole paghi due prendi tre, mediocrità (languorosamente deprimente) di vita familiare. Quando il tasso di mediocrità si accumula nel suo sangue e gli guasta la circolazione come un maligno colesterolo, Fini sbotta, esce sul palco, lancia una esternazione e, inevitabilmente, smarrona. Il suo messaggio casca sul pavimento come una batteria di padelle bisunte sfuggita dalle mani di una massaia maldestra: producendo fragori scomposti, fastidiosi e, ovviamente, anche sudiciume e danni. Così l' infausto e incngruo paragone tra il delitto di Verona e le manifestazioni antiisraeliane a Torino, che altro è se non una padellaccia piena di avanzi che gli è fuggita di mano e ha finito per insozzare il pavimento massmediologico nazionale e anche internazionale? Un uomo d'onore avrebbe preso straccio e spazzolone e avrebbe ripulito, chiedendo scusa. Ma lui no. Lui è il primo della classe dei mediocri, lui non può abbassarsi a un gesto di umile grandezza che scalfirebbe la sua aurea prudentissima pavida reticente mediocrità: questo i mediocri proprio non possono concepirlo. Lui è il Presidente della Camera, che di qui in avanti assumerà sempre di più i connotati e lo stile di presidente della cameretta.
mercoledì 7 maggio 2008
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