Il coro è stato pressoché unanime. Partecipe, commosso, trionfalistico.
L'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio sì è cinta la testa e, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli avanzi più stantii e rugosi del jet set, è corsa a genuflettersi davanti al miracolo di questo nuovo, prodigioso Risorgimento: la Fiat 500.
Unica voce fuori dal coro quella di Giorgio Bocca che rileva "il cretinismo" che induce opinionisti, intellettuali, giornali e televisioni a celebrare questa vetturetta, un po' racchia e molto pretenziosa, come la "Madonna pellegrina". Ma a Giorgio Bocca, apocalitticamente e purtroppo vanamente indignato, non darà ascolto nessuno.
A questo punto, alla Fiat tutto deve essere perdonato. La disseminazione di una cultura dell'automobile invasiva, distruttiva, mortuaria, passatista e incivile. I cassintegrati, i licenziamenti, Luciano Moggi e la retrocessione della Juventus, le notti brave di Lapo, l'annichilamento della Lancia e dell'Alfa Romeo, i mostri del passato come la Ritmo, la Duna e la Multipla, i tanti bidoni semoventi rifilati per decenni agli italiani.
Tutto cancellato, tutto da dimenticare. Del resto, le nuove strategie di Sergio Marchionne hanno successo. Gli speculatori di borsa, sulle azioni Fiat, hanno fatto palate di soldi. L'immagine dell'azienda è stata candeggiata a fondo. Il prodotto che arriva sul mercato è stato astutamente caricato di una serie di connotazioni simboliche alle quali sarà impossibile resistere: patriottismo spinto fin quasi allo sciovinismo, familismo, velocità, potenza, trending e trading, memoria collettiva, advertising e styling, vippismo e populismo, ambientalismo e emancipazione, tradizione e modernità, perbenismo e trasgressività ecc, ecc.
Non importa che si possa comprare una macchina altrettanto funzionale e altrettanto tecnologicamente avanzata per qualche migliaio di euro in meno della Fiat 500.
Nessuno si azzardi a venir meno al sacro dovere di portare un po' d'oro alla patria. Fiat.
Nessun commento:
Posta un commento