Di beppe Grillo non mi piace niente. Non mi piace il suo stile urlato. Non mi piace la sua continua ricerca dell'effettaccio. Non mi piace il suo curriculum professionale. Non mi piace la sua natura di tigre domestica (molto, molto domestica).
Non mi piace il suo modo di far spettacolo: rozzo e semplicistico. Ancor meno mi piace il suo modo di far politica: piazzaiolo, tribunizio, irrrazionale, egolatrico, corrivo, infarcito di lughi comuni radicaleggianti.
Ma meno ancora di Beppe Grillo mi è piaciuta la reazione della Casta al suo V-Day.
Sembra che l'establishment, che abbraccia tutto l'arco parlamentare, avendo come confini al sud il riporto di Schifani e al nord i baffetti hitleriani di Mussi, abbbia reagito come una certa aristocrazia francese reagiva alle provocazioni di Marat: è un rozzo, è un demagogo, è un puttaniere, è un delinquente, ha la scrofola, è corrotto, ha la sifilide, puzza.
Così, mentre il regime prendeva Marat per una pulce fastidiosa che con una grattatina si poteva cacciar via, Marat con il suo... blog - L' amis du peuple - spargeva a piene mani quell'odio di classe che avrebbe poi portato ai processi sommari, ai patiboli, al Terrore.
Forse questi si augurano che Grillo trovi presto la sua Carlotta Corday. Non riescono a realizzare che il loro tempo è scaduto, che stanno giocando in fuori gioco, che la gente - il popolo - di loro tutti non ne può più e che per dimostrarlo, per dare uno sfogo alla propria rabbia, si precipita in piazza con il primo masaniello di passaggio. Fanno finta di nulla. O meglio, fanno finta di tutto. E continuano a discettare nei talk show della loro miserabile navigazione mentre la nave su cui sono imbarcati affonda.
Non capiscono.
Che dovrebbero togliersi dai piedi proprio non gli entra in testa. Proprio come accadde a certi personaggi dell' Ancien Régime fino a quando - la testa - non gliela tagliarono.
In fin dei conti, il "vaffanculo" di Grillo che cos'altro è se non una metafora della ghigliottina?
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