Dell'intervento della Signora Elena Balzaretti mi è piaciuto tutto. Proprio tutto: l’eleganza stilistica, il bell’argomentare, il sociologismo raffinato, l’icasticità, i rimandi culturali, il furor civico, la profonda conoscenza della mobilità cittadina, ciclabile e non.
Mi permetto soltanto, come ciclista iscritto alla Fiab-Ciclobby, di sottoporre alla garbata e raffinata Signora alcune domande.
Lei sa, Signora mia, quanti ciclisti vengono ammazzati o feriti ogni anno dagli automobilisti e quanti automobilisti vengono ammazzati dai ciclisti?
Lei sa quante portiere d’auto prendono quotidianamente sul muso i ciclisti ?
Lei immagina che cosa prova un ciclista quando un automobilista gli arriva alle spalle, lo supera sfirorandolo, lo fa traballare con lo spostamento d’aria, e poi lo saluta col dito indice alzato al cielo?
Lei sa, Signora mia, che tipo di percorso è costretto a fare un ciclista che percorre, poniamo, la via Melchiorre Gioia?
Ha mai immaginato la sensazione che prova una persona anziana quando un automobilista gli suona un clacson da 70 decibel alle spalle?
Lei sa, come sanno anche le casalinghe di Voghera, quanti chilometri di piste ciclabili ci sono a Milano e quanti ce ne sono a Berlino o a Parigi o a Vienna o a Lione?
Lei sa, Signora mia, quante automobili sono parcheggiate abusivamente sui marciapiedi di Milano da chi, sceso dall’automobile, poi si trasforma in un pedone sacrificale come lei?
Lei sa quanti automobilisti, prima di trasformarsi in agnelleschi pedoni, non rispettano i limiti di velocità?
Lei riesce immaginare delle situazioni in cui il ciclista è costretto a salire sul marciapiede per
necessità o per legittima difesa?
Lei sa quanti pedoni, che attraversano la strada col rosso, schivano quotidianamente i ciclisti di Milano ?
Lei sa cosa ha fatto il Comune di Milano in questi anni di fronte alle richieste di progetti per la mobilità ciclopedonale?
Lei sa che nel contesto cicloamatoriale della Fiab esiste anche una associazione che si chiama “Cammina Milano” e che si adopera in difesa, appunto, dei diritti del pedone.
Lei sa quanti ciclisti, volontaristicamente, si battono perché chi amministra le nostre città adotti le opportune misure urbanistiche per una civile convivenza tra pedoni e ciclisti?
Lei sa cosa è stato fatto e cosa si fa, nell’ambito delle tante associazioni che operano in Italia, per l’educazione civica dei ciclisti, per la sicurezza nelle strade, per la salvaguardia del territorio?
Lei sa quanti sono i pedoni che rubano biciclette?
Lei sa, Signora mia, quanti sono i pedoni che, col bicchiere in mano, occupano abusivamente i pubblici passaggi – nei dehors del Garibaldi per esempio - e quanti i ciclisti che fanno altrettanto?
Lei sa che i ciclisti iscritti alla Fiab, ancorché non obbligatoria, sottoscrivono una assicurazione RC? Lei dice che non ne può più dei ciclisti di Milano?
Si deve presumere che invece le vadano bene i comportamenti di coloro che dragano il centro storico con i Suv, le Smart, le Motociclette da 1200 cc, che strombazzano di giorno e di notte, che parcheggiano sui passi carrai, che inquinano il territorio di rumori e di esalazioni?
E potrei continuare a lungo, ma - Signora mia - non voglio tediarla, visto che sulla mobilità ciclopedonale ci sono decine e decine di studi che lei, come la sua lettera dimostra, conosce e padroneggia alla perfezione.
Aggiungo, per concludere, che il maleducato e l’incivile, come il cretino, esistono, e purtoppo dilagano, in modo trasversale e quindi vanno anche in bicicletta. Sarebbe stupido negarlo. Così come stupida e immotivata è la colpevolizzazione della categoria dei ciclisti che, con quella dei pedoni è la più debole e la più indifesa nel contesto di una cultura che ha sempre privilegiato e continua a privilegiare il motorismo più forsennato e più impunito. Perché è questa cultura che tiene per le loro gracili zampe i pedoni e i ciclisti. I quali tuttavia farebbero bene a evitare, mentre vengono condotti al macello, di comportarsi come i tacchini di Renzo Tramaglino.
In ogni caso, Signora mia, io mi chiamo Paolo Pacca, sono un ciclista, qualche volta - lo confesso - salgo sul marciapiedi con la bicicletta, abito in via Aleardi al numero 10, e se vuol venire a prendermi a borsettate, penitente e remissivo, l’aspetto.
Cordialità
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