Con le parole che si impastano in un ruglio bovino, la faccia vizza e deragliata, l'occhio perso nel vuoto, Umberto Bossi chiama il popolo padano a oliare i fucili e a prepararsi a scatenare la rivoluzione fiscale. Basta fare i "pirla" dice nel suo ultimo bofonchiante e salivoso comizio tenuto in un remoto centro di una Padania assolata e desertica. Basta tacere e pagare per tutti, mantenere i ladroni di Roma, le clientele della Terronia, i privilegi della casta politica. Basta.
I Lombardi, chiamati dal Signor all'antica virtù, accorrano alla nuova crociata contro le infami gabelle borboniche e puntino i loro moschetti sugli affamatori di bottegai, terzisti,commercianti, osti, artigiani, dentisti, commercialisti, avvocati.
Dunque, alle armi!
E par di vederli: l'ardito e tripputo Borghezio che assalta i gabellieri all'arma bianca, il variopinto Speroni che spara pallettoni contro le civiche esattorie, l'ardito Maroni che prende a sciabolate sottosegretari e direttori di ministeri, il giulivo Calderoli che innalza forche nelle piazze di Truccazzano e Pizzighettone dove appendere, tra un extracomunitario e l'altro, Visco e Padoa Schioppa.
Povero Senatur, confinato, dopo gli anni delle berlusconiche glorie ministeriali, nella marginalità più oscura e più deprimente.
Povero Senatur, costretto a estrarre dalle macerie del suo sfacelo culturale e del suo declino politico, dalla decrepitezza del suo impianto ideologico da osteria, le metafore bellicose degli anni ruggenti. Ma la sua ormai non suona più come la roboante retorica della pistola. Oggi si è ridotta piuttosto a quella, ridicola e malinconica, del pistola.
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