Ormai lo trattano - stampa, Tv, alleati, avversari politici e casalinghe di Voghera - come un poveraccio, un barbone sedutosi surrettiziamente al tavolo di quelli che contano, uno sfigato attivo e passivo: nel senso che oltre ad avercela addosso come patrimonio genetico, la sfiga lui la trasmette anche a tutti quelli che gli vanno vicino. La sua figura mediatica perde, se pur li ha mai avuti, i connotati del leader, per assumere sempre di più quelli di un tristo monatto: il quale, per le strade del centro sinistra, va scuotendo il suo campanaccio in modo che, fattosi il vuoto intorno, lui possa raccogliere i cadaveri disseminati ovunque, e in avanzato stato di decomposizione. Ci sono i cadaveri dei valori umanistici (tolleranza, stile di vita, culto del bello, individualismo aperto, società meritocratica, ambiente a misura d'uomo). Ci sono i cadaveri dei grandi valori dell' illuminismo (liberté, egalité, fratenité) accatastati sopra la carcassa di Emmanuele Kant. C' è il cadavere, forse quello più sfigurato, del socialismo che nessuno ormai osa più nominare e che tutti negano di aver mai frequentato da vivo: lotta di classe, giustizia sociale, ridistribuzione della ricchezza: ferrivecchi ormai in soffitta dal tempo che fu. In questo panorama pestilenziale dove il laido Don Rodrigo impone le sue leggi, dissangua il popolo, approfitta dei deboli e degli sprovveduti, si circonda di signorotti volgari, avidi, prepotenti, e si conserva tutti i suoi privilegi di casta con la collaborazione di scherani e azzeccagarbugli prezzolati - che sono moralmente uguali se non peggiori di lui - si aggira il povero Walter Veltroni, patetico raccattatore di progetti e speranze morti, velleitario promotore di un partito nato morto. Come un' ombra.
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